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Newsletter Ufficio Studi MiBAC
 
 
 

Attività e Programmi Internazionali

Fiscalità e mecenatismo culturale (Pietro Antonio Valentino)

di Pietro Antonio Valentino


Le erogazioni liberali a favore della cultura rappresentano la forma attuale del mecenatismo dove una pluralità dei donatori sostituisce il munifico protettore delle arti e degli artisti del passato. Nei paesi di cultura anglosassone il mecenatismo diffuso costituisce, da più di un secolo, uno dei principali canali di finanziamento delle attività culturali, mentre in Italia, e nell’Europa continentale, è stata “scoperta” solo da pochi anni questa possibile nuova forma di finanziamento della cultura.
Le ragioni dell’interesse verso il mecenatismo diffuso sono varie: la principale risiede nel fatto che, attraverso le donazioni si cerca di compensare, almeno in parte, la riduzione del finanziamento pubblico al settore della cultura che costituisce una costante del bilancio statale italiano degli ultimi anni.
Per stimolare la “propensione a donare” delle imprese e dei cittadini, per promuovere e sostenere gli atti di mecenatismo a favore di soggetti (pubblici o privati e tra tutti, le Onlus) che svolgono attività di rilevante valore culturale o artistico, si è ritenuto che le agevolazioni fiscali fossero lo strumento principe.
Ci si limita qui ad analizzare quelle che riguardano le erogazioni liberali, perché se si considerano i beni culturali, cioè i beni soggetti alla particolare normativa di salvaguardia prevista prima dalla L. 1089 del 1939 e ora dal Codice dei Beni Culturali, le disposizioni che prevedono un particolare regime fiscale diventano numerose e riguardano sia le imposte dirette che quelle indirette: esenzione e riduzione dell’imposta sul valore aggiunto e di registro, possibilità di effettuare il pagamento dell’imposta tramite la cessione di beni culturali ed altre agevolazioni ancora.
La fiscalità premiale a favore delle erogazioni liberali, come è noto, riguarda le imposte dirette e il beneficio è diverso a seconda che l’atto di liberalità sia effettuato da coloro che sono soggetti alla Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) o da coloro che sono soggetti alla Imposta sul Reddito delle Società (IRES). In sintesi, per le donazioni provenienti dalle:
 - persone fisiche, ma anche dalle Fondazioni bancarie, si applica l’art. 15 lettera h) del TUIR DPR 917/1986 che prevede la detrazione, dall’imposta lorda, del 19% della donazione;
 - società si applica l’art. 100, comma 2, lettera m), del TUIR DPR 917/1986 che permette la piena deduzione dal reddito delle somme erogate. L’Erario, per il recupero del minor gettito fiscale, fissa un tetto massimo alle agevolazioni consentite; il vincolo non ha effetto sul donatore ma sul beneficiario delle erogazioni eccedenti il limite prefissato.
La legislazione fiscale italiana non incentiva, pertanto, le donazioni individuali ma quelle provenienti dalle imprese ed i risultati sembrano premiare questa scelta come si deduce dai dati raccolti e pubblicati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) sulle erogazioni liberali agevolate. Infatti, sono le imprese la fonte principale del mecenatismo: complessivamente nel periodo 2005-2009, il 64,4% delle donazioni (in valore) è stato originato dalle società, il 35,4% dagli enti non commerciali (in prevalenza le Fondazioni bancarie) e solo lo 0,2% dalle persone fisiche.
Le imprese, nel loro rapporto con il settore della cultura, possono far ricorso a più strumenti di fiscalità agevolata; possono sostenere la cultura attraverso le erogazioni liberali, utilizzando la premialità prevista dall’art. 100, comma 2, lettera m), del TUIR, o possono far ricorso al contratto di sponsorizzazioni e utilizzare i benefici fiscali concessi dall’art. 108, comma 2 sempre del TUIR. L’utilizzo delle sponsorizzazioni a tutela e sostegno della cultura è previsto dal Codice dei beni culturali che, all’art. 120, stabilisce che rientra in questa tipologia “ogni forma di contributo di beni o servizi da parte di soggetti privati alla progettazione o all’attuazione di iniziative del Ministero, delle regioni e degli altri enti pubblici ovvero di soggetti privati, nel campo della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività dei soggetti medesimi”.
Fiscalmente le somme erogate attraverso il contratto di sponsorizzazione, rientrando tra le spese di pubblicità e propaganda delle imprese, sono interamente deducibili come per le erogazioni liberali.
La differenza risiede nel fatto che le sponsorizzazioni devono essere assoggettate ad IVA del 20%. La dimensione economica delle sponsorizzazioni culturali non è nota e le stime disponibili differiscono in moto rilevante. Anche utilizzando quella più cautelativa, sembra che si possa ragionevolmente affermare che il contratto di sponsorizzazione rappresenti il canale preferito dalle imprese per il finanziamento di attività culturali benché fiscalmente sia meno vantaggioso di quello delle erogazioni liberali.
Le ragioni di questa preferenza sono molteplici: prima di tutto il maggior corrispettivo in termine di immagine che la sponsorizzazione assicura. Poi una procedura più semplice e in linea con quella che le imprese abitualmente utilizzano per le attività di promozione e rappresentanza. Infine, ma in misura non marginale, la scarsa conoscenza della premialità associata alle donazioni.
Facendo ricorso ai dati del MiBAC, v. Graf. 1, è possibile individuare alcune ricorrenze nella dinamica e nella composizione delle erogazioni liberali che possono essere d’aiuto per comprendere potenzialità e criticità di questo strumento e delle agevolazioni associate.
Brevemente, dalle informazioni disponibili si può dedurre che:
   - le donazioni sono fortemente correlate all’andamento dell’economia e nei periodi di crisi, quando sarebbero più necessarie, tendono a ridursi significativamente. Nel 2009, in termini monetari, si sono ridotte del 14,7% rispetto all’anno precedente;
   - la contrazione del contributo investe tutti i soggetti: le imprese, le Fondazioni bancarie e le persone fisiche;
   - le erogazioni delle imprese mostrano una dinamica più “altalenante” con un trend discendente. Nel periodo 2005-2009 le erogazioni da parte delle imprese si sono ridotte mediamente del 2,3% all’anno;
   - gli enti non commerciali, le Fondazioni bancarie, utilizzano sempre più, in modo forse “strumentale”, le agevolazioni previste dal DPR 917/1986. Le loro donazioni, in valore assoluto, sono significativamente aumentate negli ultimi anni e tendono ad avvicinarsi a quelle erogate dalle imprese che, tuttavia, restano ancora la principale fonte di stanziamento. Il minor contributo delle Fondazioni è stata la causa prima della forte diminuzione delle erogazioni registrata nel 2009. Rispetto all’anno precedente le donazioni si sono complessivamente ridotte di un ammontare pari a circa 9 milioni di euro e il minor contributo degli enti non commerciali, 6,8 milioni, pesa per il 76%;
   - le persone fisiche hanno un ruolo marginale nel mecenatismo italiano anche se la dinamica del loro contributo è positiva.
Il numero dei donatori è relativamente basso:
   - le imprese coinvolte nelle erogazioni liberali hanno raggiunto il numero massimo nel 2007 quando sono state pari a 1.085. Mediamente, negli ultimi 5 anni, sono meno di 900 all’anno:
   - gli enti non commerciali fanno registrare valori ancora più bassi, ma, in assoluto, il loro numero è nettamente inferiore a quello delle imprese. Il massimo è stato raggiunto nel 2008 con 188 enti coinvolti mentre, mediamente, sono all’incirca 100 all’anno;
   - le persone fisiche che utilizzano le agevolazioni fiscali sono numericamente irrilevanti: il massimo è stato raggiunto nel 2005 con 36 richieste di detrazioni.
Graf. 1 – Le erogazioni liberali per anno e fonte: valori assoluti in euro correnti, dinamica e composizione



 

 

 

 

 

 


Evidentemente il basso numero delle società, enti e soggetti coinvolti (il numero massimo è stato registrato nel 2007 con un numero complessivo di donatori pari a 1.256) aumenta la dimensione media del contributo. Oppure, visto da altro angolo visuale, solo coloro che erogano somme elevate hanno convenienza a ricorrere alla agevolazione fiscale.
Nel periodo 2005-2008, le somme mediamente erogate da:
-    le società sono state pari a 37.006 euro e destinate prevalentemente alle attività dello spettacolo. La dimensione media delle erogazioni a favore dello spettacolo raggiunge i 76.331 euro ed è 4 volte più elevata di quella a favore dei beni culturali. Le Fondazioni liriche fanno la parte del leone. Nel 2009, da sola, la Fondazione del Teatro alla Scala è stata destinataria di circa l’11% del totale delle erogazioni. Rispetto al 2005, le erogazioni a favore della Scala si erano comunque ridotte del 60%;
-    gli enti non commerciali raggiungono i 185.237 euro e il contributo medio è 5 volte più elevato di quello delle società:
-    le persone fisiche hanno raggiunto i 10.803 euro; somma molto elevata specialmente se confrontata con la media delle erogazioni individuali rilevate in paesi come gli USA o la Gran Bretagna.

Sulla base dei pochi dati appena citati mi sembra che risulti evidente che la legislazione fiscale premiale abbia, finora, avuto scarso impatto nella promozione delle erogazioni liberali per la cultura. Alcune questioni si pongono. Bisogna chiedersi, prima di tutto a legislazione invariata, se:
-    la strumentazione a disposizione dei donatori (dalle procedure agli strumenti di comunicazione) sia adeguata allo scopo;
-    il mecenatismo di impresa sia davvero così strategico per accrescere le erogazioni liberali a favore della cultura;
-    lo strumento fiscale sia di per sé sufficiente ad accrescere il numero dei donatori o se, insieme, non bisogna mettere in atto altri dispositivi.

Provando a dare una prima e breve risposta ai quesiti appena posti, individuerei nel “barocchismo” delle procedure una delle principali cause della scarsa incidenza della normativa in vigore sulla crescita di peso delle liberalità.
Nei paesi nei quali le donazioni svolgono un ruolo rilevante è il soggetto che beneficia delle erogazioni che è tenuto a comunicare agli uffici fiscali tutte le informazioni relative al donatore. Per quest’ultimo è sufficiente la ricevuta del versamento effettuato.
Se prendiamo a riferimento le erogazioni liberali da parte delle imprese, che in Italia dovrebbero essere privilegiate rispetto ai privati, queste, se effettuano una donazione, devono “entro il 31 gennaio dell’anno successivo all’erogazione, … trasmettere, mediante appositi moduli … una comunicazione al Ministero per i Beni e le Attività Culturali … e, per via telematica, al sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate (secondo le modalità previste dall’art. 3 del D.P.R. n. 322 del 1998 e successive modifiche, nonché dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 15 marzo 2002), riportando” un insieme di informazioni che omettiamo perché la sola citazione prenderebbe troppo spazio.
Non solo, “le erogazioni liberali in favore dello Stato devono essere effettuate mediante versamento presso una delle sezioni provinciali della Tesoreria Provinciale dello Stato”.
Le disposizioni per le persone fisiche sono solo leggermente differenti, il donatore individuale non è costretto a fare il versamento presso la Tesoreria Provinciale.
L’impresa, o la persona fisica, deciderà di godere dell’agevolazione fiscale per le erogazioni liberali solo nel caso in cui attribuisca un valore molto basso al tempo che dovrà consumare per far fronte ai vari passaggi burocratici. Evidentemente questi sono stati introdotti per evitare che qualche contribuente possa usare l’agevolazione per eludere l’imposta. I benefici (in termini di riduzione di possibili frodi fiscali) che una procedura così complessa apporta sono molto probabilmente inferiori ai costi che provoca per il fisco, in termini, per esempio, di minori erogazioni.
Molto può essere fatto in questo ambito senza alcun intervento legislativo delegando ai soggetti beneficiari l’attivazione dell’intera procedura.
Per esempio, una persona fisica può godere della detrazione fiscale del 19% per le spese farmaceutiche, la stessa delle erogazioni liberali, semplicemente recandosi in farmacia con la sua tessera sanitaria o fiscale. Lo ricevuta del farmacista certifica il suo esborso ai fini fiscali.
Non si comprende allora la ragione per cui la detrazione delle erogazioni liberali, ad esempio a un museo, non possa seguire lo stesso iter: il soggetto erogatore, presentando la sua tessera fiscale, fa la sua donazione al museo e riceve in cambio lo scontrino da utilizzare per l’agevolazione.
Basterebbe dotare i musei di un lettore ottico o di un apposito registratore e, a quel punto, le erogazioni liberali potrebbero essere fatte sia in contanti, modalità di pagamento attualmente esclusa in Italia, che usando tutti gli altri mezzi di pagamento.
Tutt’al più si potrebbe prevedere un limite minimo alla donazione fiscalmente agevolata: ad esempio, 100 euro all’anno.
Il visitatore dell’Abbazia di Westminster a Londra trova sui banchi una busta gialla dentro la quale può lasciare la sua donazione in contanti e scrivendo il suo nome e indirizzo sulla busta la procedura burocratica è conclusa. Riceverà a casa dall’ente beneficiario una ricevuta valida a fini fiscali. E l’evasione e l’elusione fiscale nel Regno Unito non ne risente; è inferiore che in Italia.

Una diversa modalità di erogazione delle donazioni potrebbe avere anche un grande impatto comunicativo e parzialmente risolvere un’altra criticità della situazione attuale: la scarsa conoscenza della norma e dei benefici connessi. Da una recente indagine diretta sulle erogazioni liberali a favore della cultura (cfr. Associazione Civita, DONARE SI PUÒ? Gli Italiani e il mecenatismo culturale diffuso, Associazione Civita 2009) risulta che solo il 32,4% del campione degli intervistati conosce l’esistenza di agevolazioni fiscali a favore delle erogazioni liberali.
L’esistenza in un museo di una postazione ad hoc per la raccolta delle erogazioni liberali, e ben visibile ai visitatori, avrebbe un impatto comunicativo non indifferente soprattutto per incrementare il mecenatismo individuale. Secondo l’ultima indagine multiscopo dell’Istat il 21,6% degli italiani ha visitato, nel 2007, almeno un museo o un parco archeologico. La presenza di una postazione per la raccolta delle erogazioni liberali avrebbe, cioè, un pubblico di riferimento di circa 12 milioni di potenziali donatori.
Dall’indagine DONARE SI PUÒ? risulta anche che il 75% degli italiani di età superiore ai 25 anni dichiara di aver effettuato almeno una donazione nel corso degli anni 2006-2009 e il 5,6% a favore delle attività del settore culturale. Per quanto riguarda la “propensione a donare”,  il 32,7% degli intervistati si dichiara disposto a donare, a un museo italiano o ad un sito culturale situato nella propria regione di residenza, una somma mediamente pari a 70,81 euro. Questa media deriva dalla presenza di due classi di donatori: una disposta a donare una somma compresa tra i 10 e i 20 euro e l’altra, più vicina alla figura del mecenate, disposta a donare una somma compresa tra i 50 e i 100 euro. Applicando queste percentuali al pubblico di riferimento dei musei si avrebbe che l’ammontare di potenziali donazioni che le postazioni museali potrebbero intercettare sarebbe pari a 279 milioni di euro; nel 2009, le donazioni individuali che hanno fruito delle agevolazioni fiscali non hanno superato i 190 mila euro.

Si è già scritto che la fiscalità a sostegno delle erogazioni liberali favorisce le società ma queste, potendo utilizzare anche un altro strumento premiale, i contratti di sponsorizzazione, fanno maggior ricorso a quest’ultimo. Il contratto di sponsorizzazione è così usale per le imprese che, quando qualche anno l’Associazione Civita chiese ai suoi soci quale cambiamento avrebbero apportato alla legislazione fiscale per aumentare la loro “disponibilità a donare”, la stragrande maggioranza rispose: abolire l’IVA dalle sponsorizzazioni. Con l’abolizione dell’imposta sul valore aggiunto scomparirebbero le differenze tra sponsorizzazioni ed erogazioni liberali.
Lo scarso utilizzo da parte delle imprese delle agevolazioni previste per le erogazioni liberali, l’ammontare delle somme a deduzione presentate nel 2009 rappresenta solo il 21,1% del massimale previsto dall’Erario, dipende in gran parte, perciò, dall’uso diffuso del contratto di sponsorizzazione. Per misurare l’effettiva “disponibilità a donare” delle imprese bisognerebbe sommare le richieste di agevolazioni presentate a valere sull’art. 100, comma 2, lett. m e sull’art. 108, comma 2 del TUIR, ma non credo che l’Agenzia delle Entrate sia in grado di fornire questa informazione.
Per promuovere i contributi delle imprese alla cultura potrebbe essere più conveniente semplificare le procedure, ma soprattutto unificare le due agevolazioni.

Le agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali hanno favorito le imprese perché si è ipotizzato che il loro contributo potesse essere molto più importante di quello degli individui. I dati confermano questa ipotesi anche se l’ammontare donato dalle imprese tende a ridursi. Sulla base del potenziale di donazione individuale, i 70,81 euro rilevati dalla citata indagine diretta, si avrebbe che per ottenere lo stesso ammontare di erogazioni assicurato dalle imprese nel 2009 si dovrebbero coinvolgere 415.753 cittadini. Numero effettivamente elevato tenendo conto che le persone fisiche che hanno utilizzato la premialità fiscale nello stesso anno sono state solo 24.
Comunque virare la legge per favorire il contributo dei singoli potrebbe essere la vera scelta strategica da mettere in atto per rendere più incisiva la premialità ed aumentare il numero e il valore delle donazioni.
Non ritengo invece strategicamente rilevante puntare sugli “enti non commerciali”. Il sostenuto incremento delle loro donazioni registrato in questi anni è più apparente che reale per la ragione che è dovuto solo al fatto che le Fondazioni bancarie hanno deciso di far transitare il loro contributo, che in molti casi sarebbe comunque andato al settore della cultura, per l’art 15,  lettera h) del TUIR per assicurarsi le agevolazioni associate alla norma.
Una politica di crescita delle donazioni più mirata sugli individui potrebbe, invece, allargare la platea dei nuovi mecenati, come numero e come apporti finanziari.
L’esperienza dei paesi ad alto mecenatismo conferma e da forza a questa ipotesi.
Per esempio, i dati relativi agli USA, il paese con la più alta “disponibilità a donare”, rilevati annualmente dalla Giving USA Foundation mostrano che, nel 2008, i singoli hanno contribuito per il 74,5% al fondo delle erogazioni liberali (tutte e non solo quelle per la cultura) contro il 4,7% delle imprese. L’ammontare delle donazioni delle persone fisiche rappresenta l’1,6% del PIL e, quindi, ha una enorme rilevanza anche a livello macroeconomico. Il confronto con l’Italia potrebbe essere fuorviante perché bisogna tener conto che, proporzionalmente, gli italiani (non evasori) contribuiscono come tax payers molto di più che negli USA alle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale.
Passando specificamente al settore della cultura, il peso negli USA delle donazioni individuali a suo favore, potrebbe, indirettamente, essere valutato prendendo in considerazione i bilanci dei musei.
Ad esempio, dal bilancio 2008 del Metropolitan Musem of Arts di New York si ricava che i mecenati complessivi del museo sono circa 135 mila e i “piccoli” donatori contribuiscono per il 69,5% al suo “fondo donazioni” con una erogazione media di importo di poco superiore agli 83 euro.
La situazione in Gran Bretagna non è molto diversa: nel 2008 le erogazioni liberali delle persone fisiche hanno rappresentato lo 0,7% del PIL.

Ed è proprio dall’esperienza dei paesi dove le donazioni hanno una lunga storia e svolgono un ruolo importante che si desume la necessità di ripensare la strategia italiana per accrescere il peso delle donazioni.
Dal punto di vista fiscale si potrebbe intervenire sull’art. 15,  lettera h) del TUIR trasformando l’agevolazione fiscale per le persone fisiche dalla detrazione di imposta alla deduzione dal reddito delle liberalità per la cultura.
Questa modifica da sola potrebbe, però, non essere sufficiente per accrescere la platea e più che compensare la perdita erariale. Insieme altre azioni dovrebbero essere messe in campo perché le differenze tra i donatori sono rilevanti. L’indagine diretta sulle donazioni, già citata, ha mostrato che: le donne, i giovani e le popolazioni del Sud hanno un più elevato sentimento filantropico; la donazione è positivamente correlatala con la posizione nella professione e con il livello di istruzione dei donatori; l'importo medio delle donazioni aumenta con l'età dei donatori e spostandosi dal Sud verso il Nord. In definitiva, reddito e istruzione determinano la dimensione delle donazione mentre la “propensione a donare” dipende da variabili “non economiche”.
L’importanza delle variabili “non economiche” è stata rilevata anche nei paesi con le maggiori agevolazioni fiscali per gli atti di mecenatismo.
Dalle analisi condotte su un ampio campione di musei britannici e nord americani, risulta che le donazioni svolgono un ruolo significativo se le strategie di fund raising sono mirate a:
   - la creazione di un legame molto forte tra museo e comunità locale o nazionale;
   - il coinvolgimento dei donatori nella vita e nelle attività del museo. La stessa natura giuridica dei musei di questi paesi (trust o società non profit), e la loro organizzazione interna, è stata ideata e normata per permettere ai principali donatori di partecipare attivamente alla definizione e alla realizzazione di obiettivi condivisi;
    la specificazione a priori delle attività (in molti casi vincolate dagli stessi donatori, i restricted funds) alle quali destinare le risorse;
    la piena trasparenza dei processi di spesa delle somme ricevute e monitoraggio dei risultati raggiunti.
Gli incentivi fiscali funzionano solo se la strategia di raccolta fondi di un museo rispetti questi principi generali sintetizzabili, alla fine, in due parole chiave: partecipazione e trasparenza.

La necessità di un rapporto forte tra donatore e museo appare evidente anche dai risultati dell’indagine DONARE SI PUÒ?. Un italiano su tre si dichiara, infatti, disponibile ad effettuare una donazione monetaria a favore di un museo prioritariamente nei casi un cui questo rappresenti al meglio la cultura italiana o quella del territorio in cui risiede, con l’obiettivo prevalente di favorire la conservazione del patrimonio (58%) o per trasmettere il patrimonio artistico alle future generazioni (19%) o per migliorare i servizi al pubblico (14%) e così via.
Per gli intervistati, la grande potenzialità a donare non si trasforma in una effettiva erogazione per l’assenza di alcune condizioni che, in ordine decrescente di importanza, possono essere così sintetizzate:
   1)    scarsa trasparenza e tracciabilità nell’impiego delle erogazioni liberali raccolte dalle istituzioni culturali;
   2)    assenza “di meccanismi di riconoscimento sociale e visibilità personale per il donatore”;
   3)    un sistema di agevolazioni fiscali meno macchinoso nell’operare e più favorevole al singolo donatore.

Partecipazione, identità, reputazione e trasparenza, insieme agli incentivi fiscali o personali, dovrebbero, tutti insieme e in modo coordinato, essere alla base di una strategia finalizzata ad accrescere e convertire la “propensione a donare” in donazioni per la cultura.